Nel 1856 Félix Bracquemond, incisore parigino, ricevette un pacco contenente alcune porcellane orientali. Come carta da imballaggio per i preziosi oggetti erano state usate alcune stampe di Katsushika Hokusai. Bracquemont se ne innamorò e le mostrò con entusiasmo ai suoi amici e colleghi – artisti come de Goncourt, Degas, Manet, Monet… Così l’opera del pittore giapponese giunse anche in Occidente, e oggi la Grande Onda di Kanagawa è così famosa da diventare un’icona di WhatsApp.
Osservando bene e da vicino, come si può fare in una mostra, le immagini di Hokusai, quel che subito conquista sono i dettagli, numerosi e minuziosi. Per esempio, nella Grande Onda si vede in lontananza il Monte Fuji (la stampa fa parte delle Trentasei vedute del Monte Fuji). E poi ci sono delle barche strattonate dal mare agitato e a bordo dei pescatori che vi si tengono stretti.
In molte altre stampe, il paesaggio è interrotto dalle nuvole. Nuvole basse, che con la loro sagoma netta si intrufolano nel disegno nascondendone porzioni a volte consistenti. Confrontando queste immagini con le vedute, pure molto belle, dei colleghi di Hokusai, che non ammettevano interruzioni nei loro nitidissimi paesaggi, provi a indovinare il perché di questa scelta: il vuoto della nuvola, il bianco del disegno, dà respiro e fa risaltare tutti gli altri minutissimi particolari.
Sembra un insegnamento zen: hai bisogno di un po’ di niente per godere delle cose. È il niente che dà senso al resto, e lo rende tutto.
Questo concetto viene in qualche modo ripreso in una stampa dove non ci sono nuvole, Fiori di ciliegio a Hoshino. I fiori, di fatto, non sono disegnati, anche se chi guarda può benissimo immaginarli. Quel che dà il titolo e il senso all’immagine è fatto di niente, è una macchia rosa.
Un altro insegnamento zen: a volte ti perdi nei dettagli, ti chiudi nel tuo mondo pensando che fuori non ci sia niente. Ma vedendo meglio, quel che sembra niente è tanto. E magari può dare un titolo e un senso a tutto il resto.
